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brano
 
Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), X, 32
 
originale
 
32. Venus ecce cum magno favore caveae in ipso meditullio scaenae, circumfuso populo laetissimorum, dulce subridens constitit amoene: illos teretes et lacteos puellos diceres tu Cupidines veros de caelo vel mari commodum involasse; nam et pinnulis et sagittulis et habitu cetero formae praeclare congruebant et velut nuptialis apulas obiturae dominae coruscis praelucebant facibus. Et influunt innuptarum puellarum decorae subole, hinc Gratiae gratissimae, inde Horae pulcherrimae, quae iaculis foris serti et soluti deam suam propitiantes scitissimum construxerant chorum, dominae voluptatum veris coma blandientes. Iam tibiae multiforabiles cantus Lydios dulciter consonant. Quibus spectatorum pectora suae mulcentibus, longe suavior Venus placide commoveri cunctantique lente vestigio et leniter fluctuante spinula et sensim adnutante capite coepit incedere mollique tibiarum sono delicatis respondere gestibus et nunc mite coniventibus nunc acre comminantibus gestire pupulis et nonnumquam saltare solis oculis. haec ut primum ante iudicis conspectum facta est, nisu brachiorum polliceri videbatur, si fuisset deabus ceteris antelata, daturam se nuptam Paridi forma praecipuam suique consimilem. Tunc animo volenti Phrygius iuvenis malum, quod tenebat, aureum velut victoriae calculum puellae tradidit.
 
traduzione
 
Ma ecco finalmente Venere: s'avanz? circondata da uno sciame festoso di bimbi, tra gli applausi scroscianti del pubblico, e con un dolce sorriso venne a fermarsi proprio in mezzo alla scena. Quei bimbetti paffuti, dalla pelle bianca come il latte, sembravano proprio amorini volati allora allora dal cielo o dal mare: con quelle loro alucce, infatti, con quelle piccole frecce e per tutto il resto corrispondevano perfettamente all'immagine vera e alla loro signora aprivano il cammino con fiaccole lucenti, come se ella dovesse recarsi a un banchetto di nozze. Ed ecco sulla scena, spargendo fiori a ghirlande, fiori sciolti in onore di Venere, sciamare due leggiadre schiere di fanciulle, di quale Grazie amabili, di l? le bellissime Ore, serrare in una danza vaghissima la regina del piacere e rallegrarla con i doni della primavera. Allora i flauti dai molti fori cominciarono a suonare le dolci melodie della Lidia e a quel suono, che rap? l'animo degli spettatori, Venere cominci? ad accennare un passo di danza, prima esitante, lentissimo, poi, lievemente oscillando sul busto e appena accennando col capo, ad accompagnare con gesti voluttuosi quella musica dolce; le sue pupille ora si socchiudevano languide, ora brillavano fiere ed era talvolta una danza di sguardi. Quando ella giunse dinanzi al suo giudice non altro che con la danza delle sue braccia parve promettere a Paride una sposa bellissima, del tutto simile a lei, se egli l'avesse preferita alle altre dee. E cos? il giovane frigio, consegn? volentieri, a lei, in segno di vittoria, la mela d'oro che teneva nella mano.
 

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